Senza cultura non si fa sviluppo: i DOTTORATI DI COMUNITÀ
L’Università Popolare Cattolica propone i dottorati di comunità che, attraverso la formazione, mette in relazione i luoghi del fare con quelli del sapere per formare progetti e operatori.
L’ abbandono delle aree interne e delle zone “non produttive” in Italia, come in Europa, è un annoso tema che spesso è stato ed è motivo di conflitto ideologico tra i romantici dello sviluppo locale e i moderni sostenitori della società capitalistica globale.
Nonostante la colpevole incapacità di affrontare questa questione, i territori esistono e, con caparbietà contadina e montanara, resistono, mostrando tutto il loro potenziale valore; spesso (forse sempre) hanno la forza per reclamare un‘inversione di tendenza e partecipare a timide fasi di sviluppo (attuati con progetti di economie dipendenti).
Diventa legittima una domanda: perché non provare a ripartire dalle aree neglette per costruire un Paese moderno ed ecologicamente sano, capace di utilizzare i migliori saperi e le più affidabili tecnologie? L’Università Popolare Cattolica concertando e promuovendo un grande piano d’intervento formativo in questa direzione vuole ridare senso ai luoghi e contribuire a ricostruire e rinnovare relazioni di comunità tra le persone, costruendo reti tra comunità differenti.
Le politiche europee e nazionali che via via sono state assunte per contrastare la tendenza distruttiva della nostra base sociale e produttiva hanno evidenziato e mostrano un’indubbia nuova consapevolezza culturale.
È per questo che le politiche di riequilibrio rischiano di restare ancora una volta mere dichiarazioni di principio se non si modificano mentalità, modalità e procedure, contribuendo a cambiare lo status quo a tutti i livelli istituzionali e operativi.
Per invertire la tendenza bisogna innanzi tutto produrre scienza e conoscenza in un approccio culturale innovativo che trovi le proprie basi nella possibilità di dare nuovo senso ai luoghi. Bisogna costruire una nuova politica inter-istituzionale che metta al centro il tema del ritorno e della permanenza, che faccia leva sul bisogno sociale diffuso, soprattutto nelle nuove generazioni, di modelli di vita alternativi. È proprio la ricerca di questi modelli che sta portando nelle campagne e nei piccoli centri, giovani, intellettuali, scrittori e artisti.
Ma questa reazione sociale non è, né può essere, sufficiente. Attorno è necessario produrre progettualità, disegnare interventi e proporre una nuova modalità di sostegno e incentivazione economico-finanziaria, mettendo a sistema le numerose azioni-testimonianza presenti nel nostro Paese. Spesso queste azioni-testimonianza si realizzano, nonostante tutto, grazie al fermento di soggetti formali e informali che esistono e da anni si occupano della questione. Purtroppo e spesso, sono troppo soli e isolati per produrre effetti di politica economica rilevante e duratura nel tempo.
I piccoli centri delle aree interne si dovrebbero trasformare sempre di più in luoghi capaci di presentarsi come spazi sociali aperti, dinamici e, soprattutto, capaci di accogliere coloro che vogliono ritornare ma anche nuovi abitanti culturali temporanei, giovani creativi, immigrati. In altri termini occorre immaginare e costruire nuove e inedite forme di cittadinanza che oggi sono possibili e auspicabili.
Per creare e ricreare questo senso di comunità è fondamentale creare e ricreare cultura e formazione.
Cultura, perché un luogo non può vivere senza; formazione, perché il valore e le produzioni che permetteranno di ricreare una comunità autonoma e autosufficiente socialmente ed economicamente, non si realizzano con i lavori del bel tempo antico ma con l’ausilio di quanto ci offrono oggi saperi, tecniche e tecnologie.
Come mettere in relazione i saperi con l’uso dei saperi, e i luoghi del sapere con i luoghi di attuazione del sapere? Come costruire un piano di sviluppo locale in cui la formazione di progetti e professionalità dia linfa culturale e attuativa ai luoghi del fare? Come far ritornare al centro, con il valore della verifica delle buone pratiche, ciò che si è sperimentato sui territori per continuare a costruire ricerca e produrre formazione?
Sappiamo che oggi questo patrimonio di conoscenze è presente nelle aree urbane (e non in tutte) del Paese, nelle università, nei centri di ricerca e negli uffici studi; dobbiamo creare un corto circuito tra i luoghi del sapere e quelli del fare per fornire scienza e conoscenza.
Certo serve un gande sforzo organizzativo che superi la separazione del sapere con quella del fare. Chi meglio della rete può attuare questo processo?
Senza cultura non si fa sviluppo. Serve un cambio culturale che ha bisogno di strumenti specifici.
L’Università Popolare Cattolica propone i dottorati di comunità che, attraverso la formazione, mette in relazione i luoghi del fare con quelli del sapere per formare progetti e operatori.
È necessario un cambio culturale che, dovendo essere deciso, richiede un progetto concreto d’impegno civile, istituzionale e politico, capace di costruire le proprie fondamenta sui valori di comunità, sulla partecipazione, sulla conoscenza, sulla cultura; capace di riconoscere bellezza, identità e valori, che promuova e sorregga l’innovazione sociale e la capacità della comunità di apprendere e utilizzare con continuità le innovazioni tecnologiche e organizzative più appropriate ai propri bisogni.
Dobbiamo costruire cultura e progetti che abbiano le caratteristiche del processo, che siano in grado di innescare dinamiche e impatti sempre più vasti e di coinvolgere fasce sempre più ampie di vecchi e nuovi abitanti. L’Università Popolare Cattolica ha definito un percorso che necessariamente deve partire, ma solo partire, dalle voci, dalle memorie, dai racconti, dalle pratiche degli abitanti per restituire ai luoghi la loro storia, delimitando il passato che non deve diventare un vessillo per contrastare le nuove dinamiche sociali, l’ingresso di nuova conoscenza, ma piuttosto formare a predisporre a nuovi modi di ascoltare, osservare, guardare, dialogare con gli altri per trovare e dare nuovo senso ai luoghi e alle attività.
E’ qui che risiede la possibilità di trovare nuove energie e nuovi saperi che incontrando quelli esistenti nelle comunità locali possano contribuire e creare e ristabilire nuove condizioni di equilibrio sociale, ambientale ed economico.
In altre parole dobbiamo contribuire a creare le condizioni strutturali per uno sviluppo locale ecologicamente sostenibile e duraturo. E questo non può che essere figlio d’innovazione nelle forme produttive, nei servizi collettivi e nella cooperazione tra persone e territori. Dobbiamo essere consapevoli che le sole risorse identitarie e i saperi locali non sono sufficienti per innescare nuovi e sostenibili processi di sviluppo nelle aree interne, pertanto occorre dotare questi territori di quei beni pubblici che costituiscono i fattori immateriali e non economici dello sviluppo.
L’Università Popolare Cattolica ha avviato, potenziato e sviluppato i “dottorati di comunità” per utilizzare un concetto che riprende esperienze (purtroppo esigue) positive come buone pratiche da approfondire e diffondere con le organizzazioni della società civile e le amministrazioni locali.
L’Università Popolare Cattolica In una prima fase si coordina per l’organizzazione con soggetti attivi del territorio, che sono gli organismi intermedi da cui partire per l’avvio di tale processo, la semplificazione delle procedure e la gestione snella delle attività.
L’Università Popolare Cattolica, aprendosi al territorio, vuole costituire nei settori sociali ed economici d’interesse i “Dottorati di comunità”, vere scuole e officine di ricerca, progettazione e attuazione di iniziative e servizi. Pensiamo a un laboratorio di buone pratiche diffuse, costruite sull’interazione tra competenze e saperi differenti e complementari, gestito da esperti e/o giovani pronti a mettersi in gioco, ovviamente strutturando un percorso per superare gli ostacoli che necessariamente si frapporranno a questo disegno innovativo.
I dottorati di comunità evolvono e si sviluppano tra la formazione continua delle persone che vi partecipano e il servizio di rigenerazione dei luoghi in cui vivono. Ciò avviene grazie all’impegno diretto, concreto, continuo e costante di nuovi e vecchi abitanti, che si prendono cura dei luoghi di vita, sperimentano nuove forme dell’abitare fondate sui valori dell’inclusione sociale, della sostenibilità ambientale, della qualità della vita, della bellezza del paesaggio. I formati in questi percorsi lavoreranno in sinergia, attraverso le reti formali e informali, con i cittadini presenti nella comunità e sul territorio alimentando una visione della comunità intesa come smart land.
È la comunità che propone e realizza una sorta di auto-diagnosi delle proprie necessità, è sulla base di questa analisi che la comunità decide, e può decidere, quali innovazioni siano più funzionali al soddisfacimento dei bisogni emersi per corredare, strutturare e garantire che il territorio si appropri delle soluzioni tecnologiche adeguate alle proprie necessità.
L’Università Popolare Cattolica, con i dottorati di comunità, vuole rendersi utile a chi ha deciso di restare o di ritornare attraverso attività e iniziative volte a :
- fare emergere e mettere in rete il capitale sociale e identitario;
- attivare la partecipazione consapevole dei cittadini, in applicazione del principio istituzionale della sussidiarietà tra Istituzioni e Cittadini;
- aprire il territorio alla presenza e alla contaminazione di nuovi cittadini temporanei (es. cittadini culturali, nomadi digitali, creativi/artisti, etc.)
- aprire e rendere permeabile il territorio ai processi di innovazione sociale e tecnologica che si sono sviluppati e stanno crescendo a livello regionale, nazionale e internazionale e che vedono un forte protagonismo delle nuove generazioni, di creativi, artisti, innovatori, maker, nomadi digitali;
- sostenere la promozione e l’avvio di nuovi modelli di imprese della w-economy, come le cooperative di comunità, per l’erogazione di servizi alle comunità e per la gestione dei beni pubblici utilizzati e non;
- individuare, attivare e mettere in relazione i soggetti disponibili a “prendersi cura” del loro territorio in tutte le sue dimensioni.
- valorizzare e potenziare le Reti formali e informali che operano nel territorio, ovvero sostenerne la creazione di nuove negli ambiti sprovvisti.
Promuovere e sostenere nelle aree interne nuove forme di cittadinanza culturale significa sperimentare nuove forme di partecipazione e di cittadinanza basate sull’assunto che la cultura è un processo che si costruisce nelle comunità, sperimentando nuovi modelli di ascolto, condivisione e produzione, attraverso la partecipazione attiva dei cittadini, residenti e non, che assumono il ruolo di abitanti culturali.
Cultura, conoscenza, innovazione e creatività rappresentano le possibili opzioni per costruire un futuro aperto nei Centri e nei Borghi in cui sia possibile:
- coltivare e accrescere, soprattutto per i giovani, le proprie aspirazioni;
- sperimentare e realizzare nuovi prodotti e servizi, attraverso l’integrazione tra competenze scientifiche e tecnologiche, creatività e abilità manuali;
- attrarre artisti, creativi, ricercatori, investitori per la costruzione di comunità innovative;
- trasformare i Borghi e i Centri storici, con le loro straordinarie tradizioni e l’immenso patrimonio culturale, in laboratori culturali e creativi aperti.
L’Università Popolare Cattolica, con i dottorati di comunità, opera per costruire nuove forme di cittadinanza, per promuovere e sostenere nei centri e nei Borghi delle aree interne nuove forme di cittadinanza culturale, per sperimentare nuove e innovative forme di cittadinanza attiva.
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